OBESITA’: PER L’OMS UN’ EPIDEMIA GLOBALE
Fino ad una decina di anni fa, l’obesità e il suo precursore, il sovrappeso, venivano
considerati dalle autorità scientifiche, come fenomeni di poca rilevanza sanitaria, tanto da spingere molti esperti del settore, a chiedersi se si potessero effettivamente considerare come delle patologie in quanto tali, o se rappresentassero solamente, un forte fattore di rischio nella comparsa di fenomeni di comorbidità quali diabete mellito di tipo secondo, intolleranza al glucosio, l’insulino- resistenza, l’iperlipidemia e l’ipertensione.
La prospettiva attuale, risulta tuttavia essere completamente diversa. L’allarmante incremento degli individui obesi nell’ultima decade, e una spesa sanitaria mondiale che si aggira attorno ai 147 miliardi di dollari annui, ha spinto governi e numerose istituzioni internazionali ad accettare la complessità di questo fenomeno e a valutarne seriamente il grosso impatto sulla salute pubblica. Nel 2011 l’american associetion of Clinical Endocrinologists (AACE), dichiara l’obesità come una malattia a tutti gli effetti, sottolineando come tale status potesse favorire una maggiore consapevolezza pubblica e una conseguente aumentata sensibilità verso la prevenzione.
Così l’obesità, ha conquistato, a fatica e solo negli ultimi anni , il riconoscimento di reale fenomeno patologico, tanto da essere recentemente definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “un’epidemia globale” che colpisce circa il 35% della popolazione mondiale e che vede In Europa un percentuale di individui sovrappeso (Body Mass Index – Indice di Massa Corporea – BMI ≥ 25) pari al 40 % e una percentuale di individui obesi (BMI ≥ 30) pari al 12 %
Nonostante il numero di individui obesi raggiunga proporzioni epidemiche, l’eziologia multifattoriale di questa patologia, rende talvolta difficile la scelta di un’opportuna strategia terapeutica.
Inoltre, come già detto all’inizio, l’obesità rappresenta spesso una base sufficiente a scaturire una serie di quadri patologici secondari, come la sindrome metabolica o la steatosi epatica non alcolica, che costringono i soggetti che ne soffrono, ad avvalersi di una polifarmacoterapia. L’associazione di più farmaci, in un organismo già fortemente infiammato o comunque compromesso, può tuttavia causare sul lungo termine,una serie di disturbi superiori rispetto a quelli che si erano andati a curare, rendendo ancora più complessi ulteriori interventi. Questo è il motivo per cui l’attenzione di molti studi, si sta sempre piu focalizzando su quelli che possono essere i trattamenti preventivi e integrativi del sovrappeso e dell’obesità. In questo modo si cerca da un lato,di ridurre la possibilità che un soggetto fortemente sovrappeso,considerato a rischio,sviluppi patologie ulteriori e dall’altro, si cerca di offrire una maggiore protezione a chi sta già seguendo una terapia farmacologica, al fine di ristabilire quegli equilibri enzimatici e in generale fisiologici che in questi casi risultano essere indeboliti o alterati.